Certificazione LEED: alcune considerazioni
Ultimamente ho avuto l’opportunità di seguire il processo di certificazione ambientale LEED per un nuovo edificio per uffici di proprietà di una grande multinazionale. Alla fine parziale di questa esperienza professionale (in quanto, a causa dell’attuale congiuntura economica la costruzione dell’edificio risulta momentaneamente sospesa) mi sento di condividere le seguenti considerazioni.
Il sistema LEED (acronimo di Leadership in Energy and Environmental Design) è un sistema di certificazione ambientale volontario per gli edifici nato e sviluppato negli Stati Uniti dall’associazione indipendente USGBC (U.S. Green Building Council) che si propone di definire e misurare in modo univoco e certo il livello di sostenibilità di un intervento edilizio. Essendo stato adottato da alcune delle principali multinazionali nella qualificazione dei propri interventi, ben presto si è imposto come sistema di riferimento a livello mondiale nel campo delle costruzioni verdi. In Italia è stato introdotto a partire dal 2008 quando è sorta a Trento la GBC Italia, ovvero la filiale italiana dell’associazione, che ha curato la traduzione italiana del manuale di riferimento e di misurazione dei requisiti. E’ la GBC Italia che cura la formazione dei tecnici che svolgono attività di audit e cura la correttezza della procedura, anche se le revisioni e la certificazione viene svolta dall’organismo centrale. Attualmente la procedura è applicabile solo per grossi interventi: sono necessari edifici di almeno due piani, cosa che al momento ne limita l’applicazione a committenti di alto livello e grosse dimensioni.
La prima cosa che colpisce è indubbiamente l’internazionalità. Un edificio certificato LEED in Italia ha lo stesso valore di uno realizzato in Inghilterra o negli Stati Uniti, in quanto la procedura è la stessa. Il fatto di “parlare la stessa lingua” favorisce dunque la riconoscibilità dell’intervento, cosa particolarmente apprezzata dagli investitori internazionali, che hanno bisogno di un prodotto che sia ovunque capito senza avere la necessità di dover dare particolari specificazioni e chiarimenti. Inoltre è particolarmente stimolante anche per gli operatori: dovendo fare delle valutazioni, mi sono potuto confrontare con un analogo intervento in Canada!!
La procedura, a livello generale, è abbastanza intuitiva. Sono individuati 7 sezioni, ognuno a sua volta diviso in più settori con prerequisiti (ovvero performance obbligatorie da rispettare in ogni modo) e crediti. Per ogni credito, il soddisfacimento di determinati risultati da diritto ad un punteggio. La somma totale permette di ottenere la certificazione, che va dal livello base (almeno 40 punti) alla più elevata (platino, con almeno 80 punti).
La parte più imponente è data, ovviamente, dal requisito energetico, che da solo può permettere di raggiungere fino a 35 punti. Si tratta di una scelta per me assai corretta, in quanto la riduzione dei consumi energetici è attualmente il più grande fattore di sostenibilità. Il problema viene però dalla sua misurazione: per raggiungere i più elevati punteggi è obbligatorio effettuare una verifica dinamica dell’edificio, con appositi software che attualmente solo i più grossi studi di ingegneria impiantistica sono in grado di utilizzare. Nel mio caso è stato necessario così rivolgersi ad un istituto esterni, con relativi costi aggiuntivi che il committente stenta a capire e riconoscere.
Altra difficoltà è stata nella definizione della strategia globale. Dall’esperienza maturata ho capito che è inutile considerare un numero elevato e disorganico di aspetti, ma per il raggiungimento dell’obiettivo è necessario definire il budget a disposizione per i sovra costi ed in base ad esso individuare gli aspetti più vantaggiosi si cui puntare e concentrarsi. Questo evita anche di perdere tempo su settori del tutto inutili.
Altro elemento importante a mio parere è quello di far partire la procedura parallelamente alla progettazione preliminare. Molti aspetti possono essere facilmente definiti a priori, e l’inserimento di semplici accorgimenti nella progettazione permettono di evitare molti costi successivi, che spesso devono soltanto “correggere” situazioni negative. Nel mio caso purtroppo sono stato chiamato ad occuparmene quando la progettazione definitiva era già praticamente conclusa, con il risultato che era impossibile tornare indietro a scelte ormai assodate. Questo ha portato ad inevitabili difficoltà nel raggiungimento del livello di certificazione richiesto, e la necessità di dover andare ad utilizzare tecniche e materiali particolarmente onerosi solo per recuperare quei punti altrove irrecuperabili.
Un compito importante è svolto dal “commissioner” energetico. Si tratta di una figura esterna che ha il compito di verificare che le scelte e le procedure dichiarate nel campo energetico corrispondano a verità. Si configura dunque come una specie di garante, ed è il responsabile della serietà dell’intera procedura. Esso interviene sia in fase progettuale che, soprattutto, esecutiva: sappiamo benissimo come errori di realizzazione possono far facilmente inficiare tutto un sistema ben progettato. Il commissioner va scelto fra una rosa di professionisti accreditati da GBC, che hanno fatto appositi corsi e superato precisi esami. Pur costituendo la figura di riferimento per GBC, economicamente dipende dal committente, che deve onorare la sua parcella. Questo fatto espone, a mia parere, a due ordini di problemi. Il primo è che, essendo attualmente ancora pochi i commissioner esistenti nel nostro paese, il mercato è abbastanza bloccato, con richieste economiche talvolta eccessive che spesso è difficile far accettare dai committenti. Nel mio caso è stata necessaria una lunga ed estenuante trattativa prima di poter finalmente nominarne uno e continuare nella procedura. Il secondo tipo di problema è quello insito in tutti questi sistemi, e dovuto al classico “conflitto di interessi”. Non ho ragione di dubitare sull’onestà e la rettitudine dei miei colleghi ma, trattandosi talvolta (come nel caso che ho seguito) di cifre importanti (data la grandezza dell’intervento) un minimo di sospetto è abbastanza lecito….
Infine l’ultima riflessione che mi viene da fare è sulla conoscenza del sistema. Spesso non solo i committenti, ma anche molti dei miei colleghi progettisti si gettano con entusiasmo su sistemi e procedure come quella del LEED senza però avere una conoscenza approfondita di ciò che essa comporta. Con il risultato poi di scoprirlo tutto assieme!! Il sistema LEED non è un semplice insieme di schede o moduli da riempire, ma una procedura seria e complessa, che deve essere affrontata solo se si crede in ciò che si fa e si realizza. Non è una bandierina da mettere alla finestra, ma deriva da una precisa scelta di campo che va perseguita non solo nella fase della realizzazione, ma anche della successiva gestione. Infatti essa si occupa anche di aspetti che hanno poco a che fare con il processo edilizio (come la gestione dei rifiuti) e che quindi presuppongono una precisa consapevolezza della sostenibilità e della necessità di cambiare il nostro sistema di vita.