Dall’agronomo al bioarchitetto: la rivincita dei mestieri green che fanno crescere l’Italia

175235251-45cb6525-b15b-45cc-97ed-b5c764264dfeTre milioni di posti di lavoro e il 61% delle nuove assunzioni nelle aziende che hanno investito in prodotti e tecnologie eco-compatibili

UN’AZIENDA su cinque ha scommesso sul green. In questo gruppo di eco investitori tre su dieci hanno portato a casa un’innovazione e il 18,8% ha visto crescere il proprio fatturato nel 2013 facendo salire la cifra dei green jobs italiani a quota 3 milioni. Sono alcuni dei numeri di GreenItaly 2014, il rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere che verrà presentato la prossima settimana. È un affresco che rappresenta un panorama ampio, che va dai settori più tradizionali a quelli hi-tech, dall’agroalimentare all’edilizia, dalla manifattura alla chimica, dall’energia ai rifiuti. In tutto 341.500 aziende dell’industria e dei servizi, con almeno un dipendente, che hanno investito negli ultimi 5 anni o investiranno quest’anno in prodotti e tecnologie green.

Questo raggruppamento di imprese ha un profilo decisamente più competitivo della media. Il 19,6% esporta stabilmente, contro il 9,4% di chi non investe. Sono numeri che danno forza al lavoro. Nel 2014 le aziende italiane dell’industria e dei servizi hanno programmato di assumere 50.700 figure professionali green e 183.300 figure con competenze ambientali. In tutto fanno 234mila assunzioni, il 61% del totale. Del resto questa è la prospettiva europea. Di qui al 2020, secondo la Commissione, si creeranno 20 milioni di posti di lavoro verdi: il 70% di tutte le assunzioni previste dalle aziende nel 2014 e destinate ad attività di ricerca e sviluppo sarà coperto da green jobs (nel 2013 era il 61,2%).

Ma quali sono i mestieri verdi con più futuro? L’elenco è talmente lungo che, prendendolo per intero, risulta disorientante: va dal risk manager al green copywriter, dalla guida naturalistica all’esperto di bonifiche, dall’agronomo che seleziona le specie resistenti al cambiamento climatico al geologo specializzato in dissesto idrogeologico, dal progettista di impianti solari al carpentiere specializzato nella costruzione di tetti super isolati. Ma in realtà in quasi tutti i settori ci sono segmenti, più o meno consistenti, che si riconvertono alla logica della maggiore efficienza e del minor impatto.

Certo in alcuni casi la tendenza è più netta. La chimica è in fase di riconversione verde. L’edilizia è stata segnata da un cambiamento radicale e chiede progettisti, esperti di efficienza energetica, personale specializzato nei materiali ad alta coibentazione e basso impatto ambientale. L’agricoltura vede la continua avanzata del biologico. La gestione dei rifiuti ha bisogno di chimici e manager capaci di gestire il passaggio dalla discarica al riciclo.

“La migliore risposta alla crisi per un’Italia che vuol fare l’Italia è puntare su innovazione, conoscenza, qualità, bellezza e green economy “, propone Ermete Realacci, presidente di Symbola. “Affrontare questa sfida come un dovere, come l’adempimento burocratico a obblighi internazionali significa non aver colto la posta in gioco. È un atteggiamento rassegnato che fa pensare al Gattopardo: in uno dei dialoghi più celebri del libro, il principe di Salina spiega di aver avuto sette figli dalla moglie e di non averne mai visto l’ombelico perché sulla sua impenetrabile camicia da notte campeggiava il motto ‘Non lo fo per piacer mio, ma per dare un figlio a Dio’. Ecco, gli investimenti green sono anche un ‘piacere’ oltre che una cosa utile”.

Capacità di reggere la competizione globale e investimenti green viaggiano in parallelo: l’Italia avanza nei settori in cui innovazione e attenzione all’ambiente non vengono meno. Dall’inizio della crisi il fatturato estero della nostra manifattura è cresciuto percentualmente più di quello tedesco: 16,5% contro 11,6%. “Questi numeri spiegano perché la green economy appaia una scommessa ragionevole anche per le nuove imprese”, aggiunge Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamaere. “Nel primo semestre del 2014 si contano quasi 33.500 startup green che hanno investito in prodotti e tecnologie verdi già nei primi mesi di vita o prevedono di farlo nei prossimi 12 mesi: ben il 37,1% del totale di tutte le aziende nate nei primi sei mesi di quest’anno”.

Fonte: La Repubblica

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