Rifkin: “Vivere senza petrolio? Sarà una rivoluzione come quella di Internet”
Il presidente della Foundation on Economic Trends commenta senza stupore l’annuncio dei Rockefeller di uscire dal business delle trivelle
“NON è la fine del petrolio, è il tramonto di un’era. La società gerarchizzata, fortemente accentrata nel potere e nelle ricchezze, si sta lentamente sgretolando. E al suo posto comincia a prendere forma un modello a rete, in cui centinaia di milioni di persone producono l’energia che serve alle loro case e alle loro attività. È una rivoluzione sociale, non solo energetica”. Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends, commenta senza stupore l’annuncio dei Rockefeller di uscire dal business delle trivelle.
“Non mi meraviglio perché chi alza lo sguardo vede i trend”, continua Rifkin. “La transizione dal sistema produttivo basato sui combustibili fossili a quello basato sull’internet dell’energia è in atto e sarà inarrestabile come lo è l’espansione dell’internet della comunicazione. I due modelli sono simili: si basano sul passaggio da una logica verticale, in cui pochi godono di molti benefici, a una logica orizzontale, in cui i vantaggi e la conoscenza vengono distribuiti”.
Eppure gli Stati Uniti stanno puntando molto sullo shale gas, non è un rilancio dei combustibili fossili sotto altra forma?
“È una bolla che scoppierà presto: non ci sono le condizioni per uno sfruttamento conveniente in larga scala di una risorsa che è molto diluita, costosa nell’estrazione e con procedure estrattive ad alto impatto ambientale”.
Se il passaggio al nuovo modello è inarrestabile, come spiega la crescita di tensioni, anche geopolitiche, attorno ai giacimenti di fossili?
“Dire che il processo è inarrestabile non significa dire che scorrerà sul velluto. Le resistenze sono forti. Ma sono forti anche le tensioni competitive tra gruppi e tra Paesi che si contendono la leadership delle nuove tecnologie. Le grandi agenzie internazionali sull’energia prevedono che tra breve le rinnovabili scalzeranno il dominio dei fossili, ma non dicono quali Paesi saranno tra i vincitori e quali tra gli sconfitti perché questa partita è ancora in corso”.
L’Italia, che lei frequenta spesso, sarà dalla parte dei vincitori o da quella degli sconfitti?
“L’Italia ha il sole ma non ha il solare, la Germania non ha il sole ma ha il solare. I segnali che sono venuti dagli ultimi governi sono scoraggianti: per permettere la rivoluzione tecnologica basata sulle fonti rinnovabili e sull’efficienza ci vogliono continuità di indicazioni, costruzione di infrastrutture, manovre coerenti. La Germania lo ha fatto e ne sta traendo grandi benefici, anche dal punto di vista occupazionale. L’Italia si è fermata a metà strada e sembra voler tornare indietro, più interessata alle trivelle che all’energia pulita: se non metterà a punto una filiera nazionale dovrà continuare a comprare all’estero gli strumenti necessari per avere energia”.
Nel libro che ha appena pubblicato, La società a costo marginale zero , lei parla di internet delle cose. Qual è il nesso con l’energia?
“Il nesso è forte. Da una parte abbiamo il costo marginale dell’energia che tende a zero perché, una volta pagati i costi di costruzione degli impianti, il sole è gratis e il vento non manda la bolletta. Dall’altra il modello internet ha varcato il muro della vita reale modificando logistica e convenienze energetiche: oggi puoi progettare in un luogo e realizzare gli oggetti in un altro con stampanti a 3d. Evitando trasporti, cioè consumi energetici e inquinamento “.
Fonte: La Repubblica