Rinnovabili, uno studio assolve i costi: “Alla fine ci guadagniamo quasi 50 miliardi”

122454070-10749752-8cd7-41d6-8dd3-358f0a257deaL’Irex Annual Report quantifica i vantaggi economici delle fonti pulite, dimostrando che la spesa per incentivi produce utili grazie ad occupazione, abbattimento delle emissioni e riduzione del costo dell’elettricità.”Nel solo 2012 con il fotovoltaico il prezzo del kWh è calato di oltre un miliardo di euro”

Additate spesso come le principali responsabili del caro bolletta che colpisce l’Italia più di quasi tutti gli altri paesi europei, le rinnovabili sono invece un elemento di risparmio. A ribadire questa conclusione è la nuova edizione dell’Irex Annual Report, il dossier realizzato dalla società di consulenza strategica Althesys presentato questa mattina a Roma nel corso di una tavola rotonda presso il Gestore dei servizi energetici.

La diffusione delle fonti pulite, illustra lo studio, può portare entro il 2030 al sistema elettrico italiano benefici netti compresi tra i 19 e i 49 miliardi di euro. Malgrado i ripetuti allarmi per il costo degli incentivi e le ricorrenti campagne di stampa lanciate contro l’energia verde, investire su fotovoltaico ed eolico ha portato al nostro paese un chiaro vantaggio economico che potrebbe diventare ancora più ampio se continuassimo a sostenere l’energia alternativa con convinzione. Lo studio fornisce infatti due diversi scenari immaginando sia una situazione di business as usual, sia un ulteriore sostegno della politica alla diffusione delle fonti pulite. Nel primo caso il saldo positivo si limiterebbe a 19 miliardi mentre nel secondo arriverebbe a 49.

Le voci di costo delle rinnovabili sono essenzialmente due: la spesa per gli incentivi e quella per risolvere le carenze infrastrutturali della rete. A pesare maggiormente è la prima voce, alla quale il Quinto conto energia ha però definitivamente posto un tetto, fissato in6,5 miliardi di costo cumulato annuo. Cifra che è prevista quindi rimanere stabile sino al 2029. A ciò vanno aggiunti i costi legati alle carenze della trasmissione e della distribuzione (perdite di rete e mancati ricavi dalla vendita di elettricità), stimati tra 1,5 e 1,8 miliardi fino al 2020 (quando si suppone gli interventi siano stati ultimati).
A fronte di queste spese c’è una serie consistente di benefici. Primo fra tutti, le ricadute occupazionali lungo tutte le diverse fasi della filiera. “Gli addetti incrementali, cioè considerando solo i posti di lavoro che non esisterebbero in assenza di rinnovabili  –  si legge nel rapporto – toccano i 130.000 al 2013 (già in netto calo rispetto ai due anni precedenti) per poi stabilizzarsi tra i 45.000 e i 60.000 al 2030. I benefici valutati lungo tutta la vita utile degli impianti sono compresi tra gli 85 e i 96,6 miliardi“. Le fonti pulite generano poi un vasto indotto. “Si stima – afferma ancora il dossier – che nel 2012 gli effetti siano imputabili per il 53% alla fase di installazione e per il 47% a quella di esercizio e manutenzione. Nel complesso la voce contribuisce con benefici tra i 28 e 33 miliardi“.

Va poi calcolato il risparmio che le rinnovabili garantiscono in termini di mancate emissioni. Valore in forte calo rispetto al passato, visto il crollo del prezzo dell’anidride carbonica sul mercato europeo Ets, ma che non va comunque disprezzato dato che Althesys lo quantifica tra i 2,6 e i 2,3 miliardi di euro per quanto riguarda la CO2 e di 2,8,-3,4 miliardi per quanto riguarda altre emissioni inquinanti come l’anidride solforosa e gli ossidi di azoto.

Dalla parte dell’elettricità verde c’è poi il vantaggio economico legato alla riduzione del cosiddetto “fuel risk“, ovvero il rischio di spendere per l’acquisto di fonti fossili più del dovuto a causa dell’oscillazione dei prezzi. Ma l’ultima e forse più interessante delle voci che contribuiscono alle entrate garantite dalle rinnovabili è la riduzione del prezzo dell’elettricità sul mercato, il cosiddetto effetto di peak shaving. L’Irex Annual Report prende in considerazione solo il saldo netto del fotovoltaico, stimandone il valore tra i 41 e i 47 miliardi. Un’analisi che questa edizione dello studio ha affinato, confermando i risultati anticipati lo scorso anno.

Il rapporto ha ripartito la domanda elettrica in “ore solari” e “ore non solari”, comparando il Prezzo unico nazionale (Pun) delle ore delle due differenti categorie. Un meccanismo tecnico, da addetti ai lavori, ma ciò che interessa ai fini della contabilità è il fatto che l’immissione in rete di elettricità prodotta a costo zero dal fotovoltaico nelle ore più assolate ha la capacità di ridurre il prezzo dell’elettricità proprio nell’orario in cui era solita costare di più. Un vantaggio che Althesys quantifica per il 2012 in circa 1,4 miliardi di euro,più del triplo rispetto al 2011, quando il vantaggio fu di 396 milioni. A questi 1,4 miliardi vanno sottratti in realtà circa 586 milioni di euro dovuti all’aumento del Pun nelle ore non solari, anche se non mancano i sospetti (sul tema è stata aperta un’indagine dall’Authority per l’energia) che questo rincaro sia stato indotto in maniera artificiale dai grandi produttori convenzionali per rifarsi delle perdite subite con l’affermarsi delle rinnovabili.

A fronte di questo quadro, l’Irex Annual Report conclude la sua analisi sollecitando l’integrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico. “Una delle priorità della politica energetica nazionale è l’integrazione delle fonti rinnovabili nella rete elettrica e il bilanciamento tra la generazione termoelettrica centralizzata e quella distribuita rinnovabile”, avverte lo studio.

 

Fonte: La Repubblica

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